La clinica per i virtuosi

Nasce a Firenze un centro specializzato nelle patologie che colpiscono i musicisti: dalle artrosi alle paralisi delle dita.


FIRENZE, 5 SETTEMBRE 2000 - Non se ne parla, eppure melodie e malattie vanno spesso a braccetto. Nel senso che la creazione musicale, anche la più vaporosa e delicata richiede tali sforzi di tendini, muscoli e ossa da provocare negli esecutori un'incredibile elenco di patologie: artrosi cervicali e lombari, sindromi da compressione nervosa, paralisi funzionali, epicondiliti, sordità, crampi muscolari, polipi laringei. È tutto il corpo del musicista a subire, come quello di un calciatore o di un tennista, lo stress causato da un uso estremo, ripetitivo e innaturale degli arti, della bocca o delle corde vocali.

Ma se gli sportivi sono costantemente affiancati da équipe di specialisti che incidono fin troppo sul successo personale dei singoli con ginnastiche preventive e correttive, fisioterapie e farmaci, altrettanto non avviene, almeno in Italia, per chi dedica la vita al pianoforte, al violino o al bel canto.
Colpisce quindi in positivo che nel programma della Stagione Lirica invernale del Teatro Comunale fiorentino figuri un convegno organizzato in collaborazione con l'Azienda ospedaliera di Careggi, che ha per titolo: "La mano del musicista, patologia e clinica della professione musicale". L'idea è venuta a Massimo Ceruso, direttore dell'Unità operativa di chirurgia della mano (tra i suoi meriti, l'aver riattaccato il braccio amputato al pilota automobilistico Alessandro Nannini) e il fine è quello di aprire all'interno di un'istituzione pubblica il primo ambulatorio d'Italia per la cura dei musicisti, coinvolgendo, ortopedici, neurologi, otorino laringoiatri, fisiatri e via elencando.

In Germania e Francia centri di questo tipo esistono già. A Parigi ad esempio ha notevole fama l'istituto del professor Raoul Tubiana, altrettanto frequentato a Magonza è quello del professor Jochen Blum. Entrambi saranno in ottobre a Firenze e insieme con altri luminari comunicheranno i risultati delle rispettive esperienze.

"Era ora che si affrontasse il problema - commenta Leonardo Pinzauti, violinista e decano dei critici musicali italiani - una consulenza medica è indispensabile, specie ora che il virtuosismo è tornato di gran moda. Ma non tutti possiedono le mani eccezionali di Paganini o Liszt. Esistono dei limiti naturali insormontabili. Certi pianisti le decime non le pigliano, c'è poco da fare. Chi si mette in testa di riuscirci lo fa a suo rischio. L'esecuzione dei 'Capricci' di Paganini presuppone un'estensione del mignolo della sinistra che è assolutamente innaturale. Per questo moltissimi violinisti che sono obbligati a presentarne quattro per ottenere il diploma, li suonano quella volta e mai più. Comunque ogni persona fa caso a sé. Oistrack aveva una mano piccolina e grassoccia che però si allargava molto. Non tutti però hanno la stessa elasticità. È noto che Robert Schumann, preso dal suo sogno di perfezione, a forza di esercitarsi per migliorare l'agilità e la potenza del quinto dito rimase paralizzato all'anulare della destra. Meglio per noi, visto che così si dedicò alla composizione. Però per lui dovette essere un trauma".

Di traumi del genere, spesso vissuti in segreto, altrettanto spesso nascosti è piena la storia della musica. Purtroppo la frase di Mozart "...per un buon musicista sono necessarie soltanto tre cose: la testa il cuore e la punta delle dita" è lontana dal vero. Importanti carriere hanno subito alti e bassi per vari fastidi di natura fisica che, insignificanti per una persona comune, sono diventati elementi di grave disturbo per professionisti che pretendono e meritano il massimo dal proprio impegno. Hanno sofferto di incidenti di questo tipo personaggi illustri come Pablo Casals e Vladimir Horowitz, Glenn Gould, Marta Argerich, Salvatore Accardo e Uto Ughi. Al di là del caso Beethoven, che forse oggi potrebbe essere curato, vanno ricordate le malattie professionali di numerosi direttori d'orchestra che all'apice della loro carriera hanno perso in parte l'udito. Igor Markevitch, ricorda Pinzauti, nell'ultimo periodo della sua attività ci sentiva pochissimo. E per fortuna che le vibrazioni delle note non cambiano con l'abbassarsi della soglia uditiva.

"Le malattie che possono colpire un musicista - spiega il dottor Massimo Ceruso - sono di due tipi: generiche e specifiche. Per quanto riguarda le prime, possiamo prendere ad esempio la frattura di un osso della mano o lo stiramento di un legamento del polso. È chiaro che nel caso di un musicista l'organizzazione del trattamento deve prevedere tempi ridottissimi di immobilizzazione e interventi tesi al mantenimento del tono muscolare e dell'agilità delle dita. Poi ci sono le sindromi provocate dalla ripetizione costante dei gesti e dalle esasperazioni antifisiologiche. Qui lo scenario si allarga a dismisura. Va dai denti storti e dall'enfisema polmonare cui vanno soggetti soprattutto i suonatori di flauto, ai dolorosissimi crampi dei muscoli buccinatori nei trombettisti, alla scoliosi dei chitarristi, ai maldischiena e ai crampi muscolari dell'avambraccio dei pianisti dovuti alla postura del rachide, alle infiammazioni di tendini e guaine nervose a livello di dita, polsi e avambracci nei violinisti e, soprattutto, negli arpisti".

Un discorso a parte meritano i cantanti lirici, ancora più ossessionati, se possibile, dalla paura di ammalarsi che prende gli strumentisti. Al centro dei timori di un tenore o di una soprano ci sono le stecche da salivazione sbagliata. Infatti se una goccia d'acqua nella chiave di un corno può causare un suono alterato, la stessa su una corda vocale può provocare danni irreparabili a un cantante (le terribili stecche) con conseguenze disastrose specie da un punto di vista psicologico. Per i protagonisti della lirica una buona disciplina del diaframma è fondamentale per non ingenerare quelle alterazioni fisiologiche (noduli delle corde) che peggiorano la qualità dei suoni emessi.

Non molto scientifiche appaiono invece le medicine preventive usate da Caruso e Pavarotti prima di ogni concerto: affidavano la tutela della loro arte a un'aringa e a una mela asprigna.
A questo punto il dottor Ceruso introduce il tema della formazione dei giovani talenti all'interno delle scuole di musica. Nei conservatori, denuncia, non si insegna l'anatomia. L'iniziativa è lasciata a singoli maestri illuminati. Invece nell'età evolutiva è fondamentale che prima di tre/quattro ore di esercizi il ragazzo faccia del preriscaldamento. Sulla stessa onda di pensiero il maestro Pinzauti parla del bisogno di riequilibrare con ginnastica correttiva le molte ore di studio, specie nel caso di adolescenti bisognosi di tutelare una crescita armonica del proprio corpo. Sembra assurdo, del resto, per un allievo porsi come modello un Paganini o un Rachmaninov che avevano braccia e mani anormali (erano molto grandi con ossa leggerissime e legamenti esageratamente elastici) a causa del morbo di Marfan.

A quanto dice il suo ideatore il centro d'eccellenza di Firenze accanto alla normale attività terapeutica punterà a sollecitare la presenza di un medico specialista in tutte le scuole di musica e a sviluppare lo studio dell'ergonomia nella creazione degli strumenti. Negli ultimi anni in questo campo si sono già ottenuti importanti risultati utilizzando speciali cavalletti che riducono l'incidenza dell'artrosi fra i violinisti e le lombalgie fra i chitarristi. Su questa strada si può continuare e migliorare.

di Riccardo Monni


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