Giuseppe Verdi: La forza del destino
di Andrea Conti

Questo articolo è stato scritto per Online Trombone Journal

Come quasi tutta la letteratura dei compositori italiani d'opera dell'Ottocento, anche "La forza del destino" di Giuseppe Verdi, è stata scritta per trombone a pistoni. Questo è il motivo dei tanti passaggi tecnici nell'Opera Italiana. Durante lo studio di questo passo diventa quindi importante una buona padronanza tecnica dello strumento e della coulisse.

Il passo d'orchestra che viene normalmente richiesto è quello dell'Andante mosso, ma non è detto che non venga richiesto anche il Finale dell'Ouverture. Consiglio di cominciare lo studio di questo passo ad un tempo più lento, in modo da coordinare bene legato, coulisse e ritorta nell'esecuzione delle prime quattro note della figurazione. Un tempo troppo lento però potrebbe far perdere di vista la fluidità necessaria a tutto il passo. Quindi un tempo più lento ma non troppo. Ho scritto della ritorta perché ritengo che sia un valido aiuto per affrontare passaggi tecnici così lontani dalla natura dello strumento a coulisse. Attenzione al solfeggio: così come è scritto diventa in realtà un 12 ottavi. Ritengo che tutto il passaggio vada suonato con una leggera articolazione, in quanto la velocità (circa 66 la semiminima con il punto) non lascia spazio al legato naturale (slur). Il fiato potrebbe essere preso prima del primo MI b, in modo da non respirare proprio nel mezzo del crescendo.

Una volta presa confidenza con la tecnica si può cominciare a cercare un po' di stile. Tenete presente che l'accento della frase è sulla sesta nota: il crescendo dovrà portare a questa nota e il diminuendo dovrà essere repentino, quasi un fortepiano, in modo da tornare al piano iniziale. In orchestra questo passaggio dovrebbe essere suonato come un raddoppio dei violoncelli, senza mai uscire dalla dinamica degli archi. Anche in una audizione deve essere suonato molto piano, ma con abbastanza suono da poter ascoltare tutte le note. Tutto il passaggio dell'Andante Mosso è una "trasfigurazione" di un tema dell'Ouverture e rispettando i crescendo e diminuendo si può dare l'idea della forza trascinante che caratterizza i temi Verdiani. Andando avanti troviamo il Presto. Fate attenzione a non scappare nei sedicesimi (le note devono essere ben udibili) e a non suonare troppo corto, né accentato, l'ottavo che precede il secondo e terzo gruppo di sedicesimi (FA # e SOL #). Nell'Allegro brillante tutte le prime 7 battute sono all'ottava con la tromba. Dobbiamo quindi suonare con un'articolazione chiara e ben definita. Da notare che nella battuta forte, nonostante il diminuendo, l'accento è sulla nota lunga. Controllate bene l'intonazione fra i passaggi piano e quelli con il forte improvviso. Nel passaggio dopo le tre battute di pausa fate attenzione alle note con l'accento e quelle con il punto. La nota lunga dovrà essere sempre suonata con accento e quasi un fortepiano. Lo stesso vale per la quarta battuta del Soli. Un brusco diminuendo permetterà al guizzo degli archi di uscire dal corale dei tromboni. Nel Più animato, suonate le note della prima battuta con un'articolazione ben definita e quasi accentate, anche se sono legate. Infine, nelle ultime sei battute troviamo questi due arpeggi di MI maggiore: attenzione all'intonazione e a non scappare in confronto al tempo precedente.

Una curiosità: la superstizione vuole che questa sia un'opera sfortunata ma nonostante questa leggenda i temi di questa Ouverture sono un esempio della bellezza dell'opera di Verdi, spesso povera nell'accompagnamento ma sempre sorretta da una forza coinvolgente, travolgente e inimitabile.


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