La musica secondo... Giacomo Puccini

Puccini e le donne" di Rossella Martina, da un articolo del Gennaio 2000.

In un saggio l'ipotesi controcorrente che le protagoniste delle opere fossero ispirate dalla "insopportabile" moglie.

Certamente il personaggio di Tosca lo aveva attratto dal primo incontro: una cantante prima di tutto e poi bellissima, appassionata, capace di uccidere e di morire per amore. Giacomo Puccini vide il dramma di Victorien Sardou interpretato da Sarah Bernardt a Milano nel 1890. Il suo grande talento teatrale intuì subito le potenzialità, anche su un piano musicale, del personaggio creato dallo scrittore francese.

Per poter musicare Tosca Puccini dovette superare una quantità di ostacoli che probabilmente servirono solo a "inferocire le sue brame". Alla fine, comunque, il testardo lucchese la spuntò, Tosca fu sua tre le sue mani divenne la donna immortale che conosciamo.

Nessun biografo o critico di Puccini ha mai potuto resistere alla tentazione di stenderlo su un lettino da psicanalista per tentare di immaginare la verità sui suoi rapporti con le donne. Dalla madre amatissima, alle molte sorelle dai nomi impossibili. Dalla moglie Elvira alle numerose amanti, vere e presunte. Per terminare, ovviamente, con le eroine delle sue opere. Chi sono, da quale angolo della coscienza vengono, cosa rappresentano queste donne per Puccini?

Sul tema si è detto veramente di tutto, molte cose assurde, molte cose convincenti, altre verosimili.

L'ultimo contributo è quello di Giampaolo Rugarli che per Marsilio ha scritto "La divina Elvira". Secondo lo scrittore napoletano le protagoniste delle opere di Puccini sono, in realtà, sempre e solo Elvira Bonturi, la donna con cui il musicista convive fino alla morte. Insomma per Giacomo l'unica figura femminile capace di dargli ispirazione sarebbe stata l'autoritaria, ostinata, superba, dogmatica, conformista, ignorante, cattiva e brutta Elvira. La donna che non ha mai capito Giacomo né il suo lavoro. "Tu metti dello scherno quando si pronuncia la parola 'arte'. È questo che mi ha sempre offeso e che mi offende" scrive Giacomo alla moglie nel 1915, "dopo trent' anni di vita in comune!" come sottolinea Mosco Carner nella famosa biografia critica.

La storia dei due è nota: Elvira, 24 anni, vive a Lucca, è sposata e ha due figli. Ma questo non le impedisce di iniziare una travolgente relazione con Giacomo che di anni ne ha 26 ed è ancora uno sconosciuto. Elvira resta incinta e da quel momento non mollerà più la presa. Va a Milano con Giacomo portando con sé la figlia maggiore mentre abbandona il maschietto al padre. Uno scandalo di proporzioni enormi per l'epoca (l'anno è il 1884). La passione finisce subito dopo la nascita del figlio del peccato, Antonio. Ma Puccini, per senso del dovere e anche perché è un uomo di carattere debole, infingardo e incapace di scelte coraggiose, resta con Elvira. Lei si trasforma in una virago insopportabile. Sappiamo che Elvira picchiava addirittura Puccini. Odiava la musica, gli amici di lui, ogni cosa che lo allontanasse dal suo soffocante controllo. Più che gelosa era paranoica. Arrivò a far suicidare una povera servetta accusandola ingiustamente di essere l'amante del marito. Usò tutte le armi per tenersi quell'uomo che neanche lei amava più ma che doveva essere solo suo. Almeno formalmente, perché come sappiamo Puccini si è concesso molte avventure e in qualche caso si è innamorato arrivando a pensare di piantare il donnone aspro e sgradevole che secondo gli abitanti di Torre del Lago portava addirittura jella. Non c'è mai riuscito.

Certamente anche per lei non è stata una vita facile: per venti anni è stata solo una convivente, ha dovuto aspettare la morte dell'infelice primo marito per poter diventare la "signora Puccini". Era sfiorita precocemente, era inadeguata per cultura e modi. E, come detto, veniva tradita ad ogni occasione. Questo è più o meno quello che si evince dalle biografie del musicista. La tesi più in voga è che Giacomo non riuscendo a fuggire nella realtà, fuggisse con donne immaginarie, quelle delle sue opere. Donne che erano proprio il contrario di Elvira: dolci, miti, arrendevoli, disposte al sacrificio.

Ora Rugarli ci propone la tesi esattamente opposta. Manon è l'avventuriera che trascina alla rovina l'imbelle Des Grieux ovvero Elvira a Lucca quando fa perdere la testa al Nostro. Poi Mimì è l'Elvira dei primi tempi a Milano, senza soldi, senza cibo. Butterfly è Elvira che si sacrifica rinunciando alla sua vita di donna perbene per inseguire l'amore. Infine Turandot, l'onirica matrona che cinge di gelo la vita dell'artista.

Tosca è certamente l'eroina più difficile da trasformare in Elvira, Rugarli ha a disposizione solo la gelosia e la grande sensualità che le renderebbero simili. Detto così potrebbe anche apparire plausibile, purtroppo Rugarli si basa solo su sue immaginazioni un po' troppo compiaciute e non di ottimo gusto. Tipo: Elvira dopo aver dato un pugno al povero Giacomo, si scioglie i capelli da medusa e lo avvinghia in un abbraccio che mette fine ad ogni discussione. Oppure: Elvira fugge nella notte in vestaglia, lui assapora la libertà ma poi preso dalla disperazione la insegue, la salva dal suicidio e a questo punto, forse, viene consumato un infuocato amplesso sulla spalletta di un ponte nei pressi dei Navigli.

Alla fine l'inesistenza di qualsiasi prova che non sia la fantasia da fiction pomeridiana di Rugarli, induce il lettore a tornare alle vecchie, magari banali e sentimentali, ma rassicuranti certezze: Elvira fu una donna insopportabile e Puccini è sopravvissuto al suo giovanile errore solo grazie alle avventure che si è generosamente concesso e a quelle donne inesistenti alle quali lui ha dedicato la sua vera vita, la musica.

Tosca potrebbe essere addirittura un simbolo particolare di questo universo: al contrario di Elvira che la odiava, Floria "vive d'arte" proprio come il suo creatore. Una figura femminile, dunque, che poteva mettersi, anche per interessi e sensibilità, sullo stesso piano di Puccini. Non è forse un caso che accanto a questa donna-artista il Maestro senta il dovere di disegnare figure maschili forti, importanti, autorevoli, al contrario di quello che accade nelle altre opere. E nella sua esistenza quotidiana.


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